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Paolo Lugarini
RSPP, Consulente Sicurezza, H&S manager

La mia proposta: percorso, approccio e soluzioni - terza parte

Pubblicato il 30 novembre 2023

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Il presente articolo fa da seguito alla seconda parte.

Dopo aver analizzato i fabbisogni e verificato l'adeguatezza del Documento di Valutazione dei Rischi - Generale esistente, oppure dopo averlo elaborato ex-novo, si passa all'esame dei fattori di rischio specifici.

Gestione adeguata dei fattori di rischio specifici "core"

Nel DVR – Generale si identificano tutti i rischi presenti che dovranno essere oggetto di valutazione più o meno approfondita.
Il termine “CORE” indica i fattori di rischio peculiari e più importanti che caratterizzano un'attività e il suo contesto.

Valutazioni dei rischi specifici "core"

Valutare i fattori di rischio “core” dell'azienda è il primo passo per mettere mano alle principali criticità così da trovare soluzioni che potranno portare benefici duraturi.

Quale RSPP non si è trovato di fronte a macchine sprovviste di una valutazione dei rischi nonostante fossero in attività da tempo? Com'è facile comprendere, queste macchine rappresentano indubbiamente uno dei rischi principali dell'azienda.
Com'è possibile che anche i “rischi core”, quelli caratteristici e più pericolosi dell'attività aziendale, possano essere trascurati o affrontati in modo approssimativo?

Anche in questo caso possiamo trovarci nella situazione in cui questi rischi siano identificati e non valutati o di dover verificare l'adeguatezza di queste valutazioni.

Possiamo dividere i fattori di rischio normati (con precisi riferimenti legislativi) da quelli non normati. Comunque sia, tutti i fattori di rischio riscontrati nel contesto dovranno essere valutati.

Le valutazioni dei rischi specialistiche pongono il problema della soglia minima di intervento: in sostanza, i requisiti previsti nei vari titoli devono essere applicabili sia in quelle condizioni in cui esiste una rilevante esposizione professionale all'agente pericoloso, sia in quelle in cui questa è secondaria.
Seppure i temi affrontati siano regolamentati da norme tecniche, in alcuni casi anche molto articolate, per cui potrebbe essere ragionevolmente semplice distinguere il rischio professionale da quello incidentale, al Datore di Lavoro si richiede di approfondire un certo livello di dettagli tecnici.
Questo è doveroso quando l'esposizione può essere considerata professionale a tutti gli effetti, ovvero quella di colui che lavora in processi in cui questi fattori di rischio sono gestiti, nel senso che la loro esposizione può variare in conseguenza di scelte operative.
Diventa incomprensibile quando tale esposizione è incidentale, ovvero effetto di processi secondari all'interno delle organizzazioni.

Individuazione di attività specifiche rischiose e procedure di lavoro

Per le attività specifiche pericolose per le quali non è stato possibile eliminare o ridurre il rischio in altro modo, è opportuno valutare l'elaborazione di specifiche procedure di lavoro.
Le procedure ricadono nella categoria dei controlli amministrativi il cui obiettivo è modificare il modo con cui si lavora.
La loro efficacia è di ordine minore rispetto alle misure di eliminazione e sostituzione del rischio e ai controlli ingegneristici (isolamento dal pericolo), ciò perché ci si affida oltre che alla loro funzionalità (come d'altronde accade negli altri controlli) a elementi innegabilmente meno affidabili di esse (tra questi annoveriamo la capacità di comunicare le istruzioni e di controllarne l'applicazione da parte dell'organizzazione nonché quella di recepirle e di applicarle da parte dei lavoratori).

Controlli ingegneristici, controlli amministrativi e DPI sono misure di prevenzione e protezione meno efficaci, che intervengono a fianco dei processi lavorativi ma che solitamente sono quelle cui si fa riferimento più spesso nei DVR.

La condizione che porta alla conferma dell'efficacia di una procedura è quella di effettuare la registrazione dei risultati prodotti dalla messa in atto della procedura stessa, questo per consentire l'adozione di scelte a maggior impatto sulle prestazioni di sicurezza in favore di quelle a bassa efficacia.

Può accadere, tuttavia, che a seguito dell'elaborazione della procedura e della sua applicazione nel lavoro quotidiano, l'organizzazione non abbia la possibilità di provvedere alla registrazione dei risultati, per verificare, attraverso i dati, l'efficacia del funzionamento della procedura. In questi casi, è innegabile che l'elaborazione di una procedura con l'identificazione di modalità operative corrette, se effettuata condividendo l'obiettivo con i lavoratori, rimane comunque un contributo importante e una possibilità per migliorare la consapevolezza dei rischi che si possono incontrare da parte degli attuatori della procedura stessa.

Risultati attesi e definizione di obiettivi di breve-medio termine con la direzione aziendale

Per ottenere una fotografia della situazione della safety aziendale e determinare la base da cui partire, è necessario aver prima analizzato i fabbisogni e:

A questo punto, va costruito il percorso e le tappe successive per portare la situazione della safety aziendale alla condizione desiderata.

Da questo momento, le intenzioni che ci guideranno, il significato che vorremo dare a questo percorso, i risultati attesi determineranno le linee di intervento e gli obiettivi su cui lavorare, le azioni da mettere in campo nonché la loro efficacia.

Le attività che seguiranno potranno focalizzarsi sia su fattori tecnico-organizzativi che sul fattore umano, ciò in base agli obiettivi concordati con l'azienda.

Alcuni obiettivi potranno essere raggiunti nell'immediatezza, mentre altri potrebbero richiedere più tempo e impegno.
A questa seconda categoria appartengono gli obiettivi riguardanti il fattore umano, causa di oltre due terzi degli incidenti sul lavoro, come la scarsa consapevolezza situazionale e la cattiva organizzazione.
L'errore umano avviene spesso, ma non solo, a causa di una mancata o inadeguata percezione degli stessi rischi a livello individuale e/o dell'organizzazione.

Fattori di rischio oggettivi e soggettivi

I fattori di rischio oggettivi possono essere:

  1. Di tipo tecnico, quali insufficienze, inadeguatezze, difetti strutturali o progettuali, anomalie di funzionamento, guasti, usura, ecc., di macchine, impianti e strumenti di lavoro, di materiali, di parti di impianto, di protezioni relative a macchine e impianti, di mezzi di protezione individuali e collettivi, ecc.
  2. Di tipo ambientale (climatici e di microclima) e/o legati a condizioni di lavoro disagiato in ambienti angusti o inadeguati o inquinati o comunque esposti all'eventuale presenza di sostanze contaminanti, riconducibili a carenze organizzative.

Valutazione dei rischi, perizie, autorizzazioni, certificati, permessi di lavoro, manutenzioni e verifiche di conformità sono strumenti e attività che ci aiutano a gestire i fattori di rischio oggettivi.

I fattori soggettivi, dipendenti dal fattore umano, sono declinabili in "liste" di comportamenti rischiosi abitualmente riscontrati nei posti di lavoro con valenza negativa ai fini della sicurezza.
Informazione, formazione, addestramento e tutte le iniziative volte a coinvolgere e ingaggiare le persone per influenzarne o cambiarne i comportamenti sono invece funzionali a incidere, con effetti diversi, sul fattore umano.

Formazione obbligatoria

In base all'attività, all'organizzazione aziendale, alle mansioni e ai tipi di rischio rilevati verrà definita la formazione da somministrare al personale, iniziando da quella prevista dalla normativa.
Saranno inoltre verificate le relative scadenze per gli aggiornamenti successivi previsti.

Formazione generale, specifica, particolare aggiuntiva (Datore di lavoro, preposti, dirigenti, RLS), quella per gli addetti incaricati al primo soccorso, alla prevenzione incendi e alla gestione delle emergenze, fino a quelle più specialistiche riguardanti determinati tipi di rischio (elettrico, lavori in quota, lavori in spazi confinati,) o attrezzature da lavoro (carrelli elevatori, ple, carroponti e gru a bandiera, ecc.).

La formazione specifica ha spesso un taglio prettamente tecnico-giuridico relativamente ai rischi presenti in azienda e ciò ne riduce ulteriormente l'efficacia.
Se poi la formazione non è accompagnata da un'attenzione alla messa in pratica consapevole nelle attività quotidiane di quanto appreso, in breve tempo non rimarrà praticamente traccia delle conoscenze trasmesse e non si matureranno neppure nuove abilità.
Tenendo conto che gli aggiornamenti sono previsti a distanza di anni, programmarne di obbligatori in tempi differiti e non in un'unica soluzione (dopo 5 anni!) può essere d'aiuto, ma rappresenta una goccia nel mare.

Nonostante la formazione abbia dei contenuti definiti dalle norme, un modo per non rassegnarsi all'idea di fare qualcosa di inutile e noioso è quello di optare per una formazione di qualità, con modalità in grado di ingaggiare maggiormente i lavoratori, i quali certamente ringrazieranno.
Metodologie attive, deduttive o induttive. Apprendimento cooperativo o attraverso l'azione.
Il coaching, la BBS oppure puntare sulla potenza dei valori positivi, la ricerca del cambiamento per ispirazione, attraverso la narrazione, le emozioni e l'immedesimazione.

Tuttavia, ritenere che la formazione porti a una consapevolezza che duri nel tempo e che quindi da sola riesca a generare un cambiamento nel comportamento, pare un po'azzardato.
Per correggere i comportamenti ci vogliono attività e azioni mirate, che comportano un lavoro specifico distribuito nel tempo.
Ne parleremo nella parte IV.

Addestramento

Leggi l'approfondimento sull'addestramento coi giusti strumenti digitali.

Se da una parte la formazione è funzionale all'acquisizione di conoscenze e procedure, dall'altra, senza “mettere le mani in pasta”, la parte nozionistica verrà presto dimenticata e non si acquisiranno competenze.

Se poi aggiungiamo che gli aggiornamenti della formazione sono generalmente previsti ogni cinque anni, si può capire quali esigue tracce possano rimanere ai lavoratori in assenza di ulteriori occasioni di apprendimento o confronto.

Con attività di addestramento ben organizzate c'è invece davvero l'opportunità di portare valore in azienda, migliorando le performance non solo dal punto di vista della sicurezza.

Progettare un efficace addestramento significa “avere in pugno” i propri processi, avere chiaro come hanno luogo in ogni singolo dettaglio.

Svolgendo questa attività possono emergere criticità e spunti di miglioramento anche a livello produttivo.

L'Art. 37 c. 5 ha aggiunto dettagli sulle attività di addestramento dei lavoratori, specificando in particolare i contenuti obbligatori che consistono:

Era invece già stato definito in precedenza che l'addestramento va effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.

Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato (a questo riguardo, sul mercato sono disponibili diversi strumenti informatici che semplificano, velocizzano e registrano l'attività di addestramento).

Seppure ad oggi non si rileva ai fini sanzionatori il tracciamento dell'addestramento nel registro informatizzato, lo stesso rimane elemento comunque utile sotto il diverso profilo delle procedure accertative.

Ma, soprattutto: l'uso di strumenti informatici rappresenta un'opportunità per alzare il livello di capacità di gestione dell'organizzazione, abbattere la complessità e aumentare il coinvolgimento dei lavoratori.

La descrizione del percorso continuerà nella quarta parte.

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