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Paolo Lugarini
RSPP, Consulente Sicurezza, H&S manager

Impatto infortuni sul lavoro, agire o procrastinare ancora?

Pubblicato il 1 febbraio 2023

Immagine dell'articolo: Impatto infortuni sul lavoro, agire o procrastinare ancora?

Tra i temi interessanti oggetto della relazione finale della commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, vi sono le considerazioni sull'impatto sociale ed economico degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.

La relazione sottolinea e argomenta la complessità della messa a punto di un sistema di misurazione condiviso dei costi economici e sociali dovuti agli infortuni.

Partiamo da queste importanti premesse:

  1. secondo recenti stime dell'INAIL, in Italia il danno economico causato da infortuni e malattie professionali nel 2007 è pari a quasi 48 miliardi di euro, (più del 3% del PIL, ma potrebbe arrivare al 6% in base all'interpretazione dei dati epidemiologici);
  2. la stima del ROP (Return On Prevention = ritorno dell'investimento in sicurezza e prevenzione da malattie e infortuni) pari al 2,2: in altre parole, ogni euro speso in SSL genera un valore più che doppio (analisi e-Labo su dati DGUV e EUOSHA);
  3. lo studio pubblicato da Eu-Osha https://oshwiki.eu/wiki/Young_workers) evidenzia come la mancanza di sicurezza sul lavoro sia un fenomeno persistente nel tempo, oltre che socialmente costoso, che comporta un rischio maggiore per le giovani generazioni;
  4. salute e sicurezza sul lavoro hanno un impatto su numerosi ambiti tra cui quello sociale, pubblico, aziendale/organizzativo, nonché sul sistema sanitario, previdenziale e delle compagnie di assicurazione.

Di fronte a un fenomeno persistente e a una spesa così consistente, non si capisce perché le istituzioni non si siano attivate per ottenere tutta la documentazione sui costi correlati agli infortuni, o perlomeno quella a cui si può risalire. Questo aspetto di per sé è già piuttosto significativo.

Lo Stato ha sicuramente interesse a risparmiare sul danno economico causato da infortuni e malattie professionali. In quest'ottica, ci si aspetterebbe che facesse il primo passo investendo parte dei 48 miliardi di spesa in politiche di contrasto, il che, peraltro, potrebbe fare da volano portando maggiori entrate (ricordiamo la leva sul ritorno dell'investimento che viene caldeggiato per le imprese ma non praticato dallo Stato).

Si tratta di studiare le azioni in grado di indirizzare queste politiche verso i settori più impattanti sulla spesa (settori ormai ben noti).
Tuttavia, ci sono provvedimenti senza costi che, se presi, già da soli produrrebbero conseguenze positive, contribuendo all'evoluzione del le politiche di contrasto e mitigazione degli incidenti sul lavoro.

Faccio un esempio concreto: la presentazione di un modello OT23 per la riduzione del tasso medio per prevenzione per una PMI.
L'azienda, a fronte di un esborso di 8.000 euro per dotarsi di un'attrezzatura volta a migliorare la gestione del rischio di cadute dall'alto, avrebbe beneficiato di una riduzione del tasso di soli 1.500 euro circa.
Ciò ha prodotto la rinuncia all'intervento, perché per l'imprenditore i costi avrebbero superato i benefici.
È difficile per un imprenditore percepire il beneficio reale con un esborso immediato di quel tipo. Se fosse tuttavia possibile suddividere la spesa in più anni, l'imprenditore potrebbe decidere a favore dell'intervento... e questo non lo trovo difficile da comprendere, soprattutto per una PMI.

Facilitare questi investimenti con parte della spesa relativa a infortuni e malattie potrebbe essere di grande utilità.
Per generare risultati dovrebbe dimostrarsi molto conveniente investire, altrimenti l'impatto di pochi interventi sarebbe come quello di una goccia nel mare.

Insomma, o ci crediamo e prendiamo misure straordinarie oppure tutto rimarrà così com'è… in quel caso, risparmiateci almeno la retorica dell'indignazione a ogni incidente.

Nelle riflessioni conclusive della relazione, la chiamata all'azione delle istituzioni è limitata a un'analisi sistematica dei dati e alla messa a punto di un nuovo indicatore, richiamando obblighi e principi costituzionali tanto importanti quanto fragili quando si scontrano con le difficoltà che imprese e lavoratori affrontano nel quotidiano.

Non c'è dubbio che un indicatore ben congegnato aiuti a ben indirizzare le politiche e a misurare l'impatto delle iniziative prese.
Tuttavia, ammesso che tale indicatore si riesca a coniare, affidabile ed efficace, il rischio è concentrarsi sulla complessità del problema, senza azioni di contrasto mirate e immediate, seppure di minore impatto complessivo Si tratta di uno scenario che ci farebbe provare ancora quella sensazione di impotenza che accompagna ogni grave infortunio.

Penso alla qualificazione delle imprese individuata da tempo dall' art. 6 comma 8, lett. g e dall'art. 27 DLgs.81/08 e mai messa in atto.

Un esempio è l'edilizia, settore in cui ancora non si vogliono creare i presupposti per generare una filiera affidabile che consentirebbe l'avvio di iniziative di lungo respiro a supporto di un'economia trainante. Si potrebbe contare allo stesso tempo su manodopera qualificata atta a garantire migliori standard qualitativi, anche per non gravare poi sull'anello debole, i consumatori.

Basti vedere tutti i problemi emersi nella gestione del superbonus 110% che ha generato e genera difficoltà di ogni genere con conseguenze la cui vera portata sarà apprezzabile solo nel prossimo futuro.

Dato che il mercato spesso non è disposto a riconoscere il valore di chi è organizzato e ben attrezzato, sia in termini di mezzi che di persone, vanno messe in campo politiche pubbliche che premino in modo consistente le aziende che scelgono di organizzarsi e che riconoscano il valore di queste scelte imprenditoriali anche a fini sociali.

Ecco che la "patente a punti" per gli operatori economici potrebbe essere un modo per distinguere le aziende che rispettano le regole e investono per la sicurezza e la tutela della salute premiandole con un ritorno economico tangibile.

Purtroppo, appena la questione si fa complessa ci si ferma.

Appena c'è bisogno di prendere posizione, di avere coraggio e fermezza, ci si scioglie come la neve al sole!

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